Pagine

lunedì 22 febbraio 2010

L’ “AFFAIRE” CIMINIERA

Da una indagine svolta dai tecnici comunali, dopo la pubblicazione del post “La Calata Dei Barbari”, è risultato che la Ciminiera abbattuta ai Veroni non si chiama Ciminiera dei Veroni ma Ciminiera Centauro. Questa è la scoperta fulminante che risolverebbe tutti i quesiti posti dall’articolo sul Blog.


Una delle ultime testimonianze della Storia Industriale, con i suoi 35 metri di altezza, si ergeva sopra al paese, esteticamente come un minareto, un punto di riferimento della memoria del lavoro e delle lotte operaie di cui Pontassieve è stato punto di testimonianze e di riferimento, è stata distrutta.

Questo è il quesito principale: Perché?

Quale interesse pubblico o privato può incidere tanto da ferire così gravemente il nostro territorio?

Non possono esserci giustificazioni, a meno che non ci convinciamo che il significato dell’identità storica come volano di crescita della cultura e dell’economia di un territorio non appartengano alla sfera di comprensione dei nostri politici. A questo punto sorgerebbe il dubbio sul perché li abbiamo votati. Dubbio che dovremmo far maturare fino ad arrivare alla consapevolezza, attraverso le scelte fatte e che purtroppo faranno i lor signori, sul significato della frase: in che mani siamo capitati!!!

Non possono fare a nascondino con le normative urbanistiche, non possono dire che il vecchio Piano Regolatore non conteneva le prescrizioni per il restauro della Ciminiera. Non possono nemmeno dichiarare così tranquillamente che, poiché il Regolamento Urbanistico non prescrive niente in tal senso e il Piano Giuda  per la riqualificazione delle aree ferroviarie di Pontassieve è del 2003 e che ha valenza il Regolamento Urbanistico del 2005.

Non ricordano forse che nel 2003 il Comune ha firmato, insieme alla Regione e alla Provincia, un Accordo di Programma per al riqualificazione delle aree ferroviarie di Pontassieve, Accordo che poi nel Febbraio del 2004 si è concluso con il Decreto Regionale n. 17, in cui si Delibera l’Accordo stesso con allegati il Piano Guida e l’Accordo di Pianificazione che prevedeva la Modifica del vecchio Piano Regolatore, di conseguenza il successivo Piano Strutturale e Regolamento urbanistico?

Se nel Piano Guida esiste l’obbligo di restaurare la Ciminiera Centauro, questo vincolo andava riportato sul PRG “GHIO”, oppure visto che era in realizzazione il nuovo Piano Strutturale e il successivo regolamento urbanistico, questi ultimi dovevano considerare la ciminiera elemento di invariante strutturale. E’ palese che anche un’aggiunta di un obbligo in un atto di pianificazione urbanistica o in uno strumento urbanistico, che crei dei vincoli ai proprietari pubblici o privati, rappresenta una modifica e come tale andava rispettata riportandola su questi atti. Non è giusto che questo modo di governare il territorio abbia già ipotecato altri immobili storici del Comune, e non è giusto nemmeno che se qualcuno ha sbagliato non ne debba rispondere.

rosini

Era Gennaio del 2010

Il volontariato di protezione civile opera per un unico scopo ma possiede innumerevoli anime. Dalle piccole alle grandi emergenze compie la sua opera con grande dedizione e sacrifici, talvolta mettendo a repentaglio la sua incolumità per aiutare e soccorrere.
Possiede mezzi e attrezzature per numerose tipologie di intervento.
E’ una componente di cui nessun organo deputato, corpo istituzionale o comitato di coordinamento delle emergenze, può fare a meno. Senza il volontariato la protezione civile non esisterebbe, almeno in Italia.


Questa entità reale che possiede centinaia di migliaia di volontari di tutte le età, sesso e condizione sociale, sopporta il primo impatto con le situazioni di catastrofe: dal primo soccorso e salvataggio all’impegno nel riannodare i fili del tessuto sociale sconvolto dalle catastrofi. Sono tante anime ma non è un partito né un movimento religioso, l’unica bandiera è la solidarietà.

Credo che proprio queste sue caratteristiche attraggano i politici che misurano i bacini di consenso e quindi che operino tentativi di strumentalizzazione, ma il senso dell’impegno civile, la voglia di aiutare solo per la soddisfazione di farlo, cozzano con i calcoli politici e di interessi economici.

A meno che tutta la storia di secoli di solidarietà non venga buttata come carta straccia e che, oltre alle ronde, non si inventi un corpo di Guardia Nazionale dove tutti operino come soldatini, la Protezione Civile non potrà mai fare a meno del rapporto con la società civile rappresentata dal volontariato.
Il Ministero e i grandi capitani delle emergenze non solo hanno bisogno della sua forza lavoro, ma delle indicazioni per migliorare il sistema attraverso l’esperienza maturata sugli scenari delle emergenze .

Credo sia sbagliato, per la realtà del volontariato, cadere nella trappola di difendere Bertolaso sotto l’aspetto personale, magari facendosi coinvolgere da qualcuno dei suoi delfini, ad esempio Galanti, quando dice nelle riunioni di volontariato (leggi art. “ No agli schizzi di fango. E agli sciacalli” il corriere fiorentino del 20/2/10, su cui Galanti interviene ad una riunione di volontari della Misericordia di Firenze):

-Se Bertolaso è un ladro, sono ladro anche io, se è un puttaniere , sono un puttaniere anche io…………..-

Non ci siamo! Il volontariato e la Protezione Civile non sono una “famiglia” dove si cerca di lavare i panni sporchi in casa. E’ una cosa ben più nobile!

Ho fatto servizio quando la protezione civile non esisteva e si interveniva nelle grandi emergenze affidandosi alle situazioni del momento, dotati di pochissimi mezzi e senza una organizzazione alle spalle. Poi è stato costituito un Dipartimento di Protezione Civile dove i nostri dirigenti del volontariato hanno dato un apporto fondamentale alla costruzione della Struttura di ciò che è l’attuale Protezione civile. Nel frattempo si sono succeduti molti responsabili nazionali ( L’Ing. Pecorelli, il Ministro Zamberletti,….). Abbiamo visto ruberie e malversazioni sulla pelle dei terremotati. Gli Imprenditori sciacalli, la criminalità organizzata e d anche la politica, si sono sempre gettati nel piatto ricco dei soccorsi e della ricostruzione.

Il volontariato deve restare fuori dal lato oscuro della protezione civile.
Rosini

martedì 9 febbraio 2010

Il primo viaggio fra i tetti

L’atro giorno sono andato, come tutti i giorni e come tanti genitori, a prendere la bambina alla scuola Media M. Maltoni a Pontassieve.

Mentre aspettavo che suonasse la campanella, ho sentito un fruscio di ali sopra alla mia testa, mi sono girato e ho visto vicino a me un passerotto impaurito che mi ha detto: -vieni con me sul tetto!
- ma come faccio?.- Gli dico.
-Ti ci porto io, ma poi rispondi ad una mia domanda-
In un batter di ali mi sono trovato sul tetto del Chino Chini e su quello della Scuola Media.
-Adesso fammi la domanda-
E lui:
MA QUELLO CHE VEDI E’ AMIANTO?

                        PARLIAMO DI AMIANTO  
    L’amianto proviene dalla parola greca ASBESTO che significa: “Incorruttibile”, “Inestinguibile”, “Indistruttibile”. Possiede proprietà isolanti, ignifughe, fonoassorbenti. Per queste sue qualità nel passato è stato usato in quantità inimmaginabili. Nel XX secolo, in tutto il mondo, ne sono state accumulate 173 milioni di Tonnellate.


Fu impiegato per una moltitudine di usi quali: piastre isolanti per ferri da stiro, guanti da forno, schermi cinematografici, carrozze ferroviarie. Ed ancora: Teatri, Cinema, Scuole coibentate con amianto spruzzato sulle pareti.Da una ricerca di Legambiente su 94 Capoluoghi di Provincia il 12% delle scuole contiene ancora amianto. La sua economicità faceva sbizzarrire la fantasia di tantissime aziende, in particolare quelle legate all’edilizia che realizzavano coperture dei tetti in lastre piane o ondulate con una mistura di amianto e cemento.

Quando questo materiale, chiamato ETERNIT, è in buono stato di conservazione ha la caratteristica di non essere friabile quindi non eccessivamente pericoloso. Se, però, lo stesso viene esposto ad agenti atmosferici, subisce un progressivo degrado dovuto a piogge, sbalzi termici, vento e, a distanza di anni dall’installazione possono verificarsi rilasci di fibre. Le fibre di amianto,liberate nell’aria possono essere causa di gravi malattie dell’apparato respiratorio.

La ricerca ha ormai dimostrato in maniera definitiva che l’esposizione prolungata all’ASBESTO aumenta sensibilmente i rischi di neoplasie come il carcinoma polmonare e altre forme tumorali degli organi interni. Tra le varie forme di cancro da esposizione all’amianto vi è il MESOTELIOMA, un tipo di tumore che si sviluppa a carico della membrana che riveste i polmoni.

La sua comparsa avviene solitamente a 30 anni di distanza dall’inizio dell’esposizione.

Questo lunghissimo tempo di incubazione diminuisce le probabilità della sua insorgenza per le persone anziane che supererebbero il livello di vita medio.

Le fasce più colpite sono quelle con aspettativa di vita maggiore cominciando dai bambini, dai giovani e così via.

Questa caratteristica del tempo di incubazione per qualche soggetto pubblico o privato detentore di amianto, sembra che agisca come sedativo della coscienza sulla salute pubblica.

Magari, vista la complessità e i costi per una rimozione corretta, come da normative di legge, pensano che fra trenta anni loro forse non ci sono più e forse la scienza avrà già trovato la cura per queste micidiali malattie. Ci penseranno i prossimi proprietari o i prossimi amministratori!!!

Credo che sia importante invece riaffermare un principio fondamentale:
coloro che non agiscono nella bonifica, secondo le normative, non solo sono contro la legge ma ipotecano la vita della collettività presente e futura.
------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Per sapere come smaltirlo: http://www.aerspa.it/aer1/rd/amianto.htm  

lunedì 1 febbraio 2010

Era il 23 novembre del 1980..............

Era il 23 novembre del 1980, io come altri volontari dell’Humanitas Firenze Nord eravamo appiccicati uno all’atro in quella piccola stanza del Circolo Pescetti. La nostra Associazione di Pubblica Assistenza era nata da pochi mesi e, per “fare servizio”, avevamo in dotazione una vecchia ambulanza, 238 Fiat fornitaci in prestito dall’Humanitas dell’Isolotto di cui eravamo una sezione distaccata.Molti dei ragazzi erano alla prima esperienza del servizio di volontariato e anche se passavano il tempo giocando a carte oppure come si dice “cazzeggiando” nei loro volti si leggeva l’emozione per ciò che poteva capitare nel servizio di autoambulanza. Appena il telefono squillava chi era seduto saltava in piedi e un silenzio di tomba calava sulla stanza. La maggior parte delle volte si trattava di riportare un malato dall’ospedale a casa o viceversa, ma questo non abbassava l’entusiasmo e la forte motivazione dei volontari. Quella sera fu diverso. Verso le 19 squillò il telefono e all’altro capo del filo c’era il Presidente dell’Unione Regionale Toscana delle Pubbliche Assistenze, Roberto Masieri, il quale ci comunicò che nella zona della Campania e della Basilicata era avvenuto un terremoto di forte intensità e che al momento non si avevano notizie precise, non si sapeva se c’erano vittime e quali danni aveva provocato.


Dovevamo stare pronti ad attivare tutte le forme di aiuto possibile e i volontari che non avevano problemi di lavoro dovevano essere allertati per partecipare direttamente ai soccorsi. Coloro che davano la disponibilità dovevano avere un sacco a pelo e un po’ di viveri per le prime ore. Questo era tutto quello che ci dissero. Da quel momento anche nella nostra piccola realtà, il motore della Solidarietà cominciò a girare al massimo di giri, alimentato dalla grande e disinteressata generosità di donne e uomini di ogni età e condizioni sociali. Tutti animati dal voler aiutare i propri simili senza monetizzare il loro impegno.

Contemporaneamente in tutte le Sedi delle Pubbliche Assistenze e delle Misericordie della Toscana ed oltre, succedeva questo straordinario fenomeno che si era già verificato per la Diga del Vayont, per l’alluvione di Firenze e per altri grandi eventi calamitosi.
Alle 1 e 30 di notte, dopo circa 5 ore dall’allertamento, davanti alla sede dell’Unione Regionale Toscana delle Pubbliche Assistenze erano pronte per la partenza verso i luoghi del disastro, che via via che il tempo passava e le poche informazioni che giungevano, assumeva la dimensione di un ecatombe ( 3000 morti, 10.000 feriti fu il bilancio finale), 17 Autoambulanze e diversi mezzi logistici con 20 medici, medicinali, attrezzature per il soccorso, tende per i volontari. Da quello che mi risulta fu la prima esperienza di intervento organizzato, all’interno di un primo importante abbozzo di quello che sono diventati i Piani attuali di Protezione civile.

Una partenza in tempi rapidi per il soccorso di emergenza, contemporaneamente un lavoro di allestimento, con partenze distribuite nei momenti successivi di colonne di mezzi per l’allestimento di campi di accoglienza per gli sfollati, di viveri e generi di prima necessità.

A quei tempi la Protezione Civile come siamo abituati a sentirne parlare ora, non esisteva. L’allora Presidente del Consiglio Cossiga aveva forse ben altro a cui pensare poiché la presenza dello Stato nelle zone colpite dal Sisma si percepì solo dopo qualche giorno. Quello che invece era reale in quell’immensa catastrofe erano i tentativi di sciacallaggio e la volontà della mafia di appropriarsi dei soccorsi.                                                                                    
Avevamo installato come Pubbliche Assistenze un Campo base a Grottaminarda, proprio al confine di quell’area enorme colpita dal Sisma. Ricordo che quando percorrevamo con l’autoambulanza le strade per giungere all’Ospedale di S.Angelo dei Lombardi, colpito dal terremoto ma diventato ospedale base per il trasferimento dei feriti in altre strutture fuori regione, lo spettacolo di quelle che furono meravigliose colline era spaventoso. Interi paesi, frazioni, gruppi di abitazioni completamente rasi al suolo come se fosse esploso un ordigno nucleare.

A Grottaminarda avevamo diviso il Campo base in diverse aree: lo spazio per il soggiorno dei volontari, il punto di arrivo e di partenza delle comunicazioni realizzato con una centrale radio, un pronto soccorso realizzato in un aula dell’Asilo che il comune ci aveva assegnato, la cucina e un enorme magazzino che in pochissimo tempo si riempì di generi di ogni tipo e che noi gestivamo direttamente. Fu proprio il magazzino che scatenò l’interesse di alcuni personaggi locali. Il Comune, con l’allora Sindaco Puccillo, chiese formalmente di gestire come “Amministrazione” i generi di soccorso che arrivavano. Noi ci opponemmo in maniera decisa e, forse sarà un caso, ma per alcune notti degli ignoti esplosero colpi di pistola nei vetri dello stesso. ( un articolo del quotidiano l’Unità di quel tempo riportò la notizia).

Ho voluto descrivere la mia testimonianza diretta a distanza di 30 anni da questo evento perché proprio per la dedizione e l’impegno di centinaia e centinaia di volontari che, nel corso del tempo, è cresciuta la Protezione Civile nel nostro Paese.

La loro esperienza maturata in tantissime situazioni di piccola e grande emergenza ha fatto si che l’Organo Istituzionale della Protezione Civile crescesse e acquistasse una qualificazione che tutto il mondo guarda con rispetto.

Adesso sembra che questa crescita, già alcune volte oscurata da scandali politici sull’utilizzo dei fondi destinati alle popolazioni colpite da calamità, debba definitivamente arrestarsi.

Una calamità politica si sta abbattendo su di essa:

In un pre-consiglio dei Ministri del 1° Dicembre 2009 è stato approvato un Decreto legge che traghetterà la Protezione Civile verso una forma statutaria di Società Per Azioni. Non ci saranno più controlli sulla gestione delle risorse, nessun passaggio alla Corte dei Conti e mano libera sulle gare d’appalto per le opere e i mezzi necessari.

La maleodorante onda di piena berlusconiana continua nella sua corsa per abbattere ogni legame fra la società civile con le sue alte espressioni di solidarietà umana e lo Stato Mercato.

Che ruolo avrà da ora in poi la forza indispensabile del Volontariato di cui ha bisogno la SPA Prot. Civ. per risolvere le emergenze?

Come qualsiasi Azienda privata dovrà avere anche dipendenti operativi.

Riusciranno Bertolaso o Berlusconi a trasformare la Solidarietà in un rapporto di lavoro?

Rosini